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Degenerata arte in degenerato tempo

  • Immagine del redattore: redazione-koverart
    redazione-koverart
  • 14 lug 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

"Quando il sole della cultura è basso sull'orizzonte, anche i nani proiettano grandi ombre." (Jean Clair)


Nel primo articolo l'arte è un occhio che ti guarda di questa rubrica abbiamo introdotto il tema del ruolo dell'arte e di come sia inevitabile che essa sia allo stesso tempo frutto della società e visione su di essa.

Questo essere figlia del suo tempo, quanto realmente la rende critica verso il presente e quanto invece ne risulta schiacciata, assuefatta dalle stesse dinamiche consumistiche che stritolano i passanti distratti e gli osservatori attenti? IL “CASO” CLAIR

Diversi anni fa fece molto rumore un saggio di Jean Clair (pseudonimo di Gérard Régnier), scrittore, storico dell'arte e curatore francese. “L’inverno della cultura” fu un vero e proprio manifesto contro la "degenerazione contemporanea" in cui senza mezzi termini definiva l'arte di questi anni come un'adepta della mercificazione e dell'omologazione culturale, con risultati inevitabili di appiattimento estetico e svuotamento di significato.


Insomma un'arte figlia esclusivamente di una mentalità di marketing e non di una vera e propria ricerca artistica. Come soluzione Clair proponeva un ritorno alla figurazione e ai canoni della bellezza classica.

Questa esternazione spaccò in due l'opinione pubblica, conosciuta e non, in cui letteralmente si formarono due fazioni, pro o contro questo manifesto che di fatto lanciava un allarme e apriva molte riflessioni.



DOMANDE CHE INNESCANO DOMANDE

L'arte di oggi è davvero degenerazione del gusto, provocazione portata all'estremo, nel continuo e disperato tentativo di ottenere visibilità e mercato?

Il panorama artistico contemporaneo è al quanto variegato ma in effetti è vero che l'arte che più risulta sotto i riflettori sia, almeno negli ultimi decenni, soprattutto quella che provoca, e che spesso non risulta immediatamente comprensibile.


Questo suo essere incomprensibile ai più, è frutto di una ricerca artistica o di un mero esercizio provocatorio? E questa provocazione ha un collegamento alla società e alla vita che conduciamo oggi o è fine a se stessa? E tutto questo avviene esclusivamente per logiche di mercato?


Nessuna risposta, se mai, altre domande: Questa arte "degenerata” ha mercato? Chi tipo di mercato? Perché a questo punto ci sarebbe da chiedersi perché tale arte sia richiesta, e da chi?

Questi acquirenti sono amanti dell'arte o accumulatori di oggetti "quotati" figli della moda del momento? Forse entrambe le cose.

Forse ci troviamo di fronte ad artisti che non amano la propria arte e che la vendono a compratori che a loro volta non la amano. Un puro esercizio commerciale: si può allora parlare di arte?

Forse ci troviamo di fronte ad artisti che sperimentano forme d'arte volutamente "non belle" (nel senso di gradevolezza attorno a cui c'è un certo consenso) perché questa società “corrotta” non si merita di meglio, e i compratori amano queste opere perché sono come un grido?

Forse entrambe le cose. NESSUNA SOLUZIONE

Personalmente condivido la perplessità di fronte a certa arte contemporanea che davvero, per quanto mi sforzi, a volte sembra fare di tutto per non piacere e per non avere un senso. Ma non credo che la soluzione sia il ritorno al passato e se mai lo fosse, non si potrebbe annunciare o imporre, ma sarebbe il frutto di un graduale cambiamento di sensibilità.


Dirò di più, non credo nemmeno che questa mia (tua, vostra, eventualmente) perplessità debba per forza "avere una soluzione": cosa va risolto? il disturbo? il fastidio? il dubbio? Ma non è questa (anche) la funzione della “vera” arte?


Io credo che se proprio si vuole parlare di degrado dell'arte votata esclusivamente alla provocazione pro-mercato, allora, semplicemente, ancora una volta, essa è figlia del suo tempo. Lo alimenta, lo esagera, lo esaspera, lo rende visibile anche a chi, forse, pensa di esserne fuori. E invece no.


Miriam Fusconi

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