Arte: come rompe!
- redazione-koverart
- 10 ott 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Immagina un mondo in cui non c'è più nulla, solo rovine e persone che lottano per la sopravvivenza. E immagina un uomo che si alza dalla polvere e inizia a tracciare dei segni su un muro.

immagine tratta da artslife
Disegna un albero, una collina, disegna la sagoma di una persona. Gli altri lo guardano: quello che fa non c'entra nulla con la loro sofferente esistenza, non sta procurando del cibo né acqua, non sta costruendo un riparo.
Ora sta delineando altre forme indefinite, forse sono fiori, galassie, immagini che solo lui riesce a riconoscere.
Le persone si avvicinano, seguono i suoi movimenti. Qualcuno si allontana scuotendo la testa, altri rimangono, interessati. Interessati a qualcosa che non riguarda la loro quotidianità. Oppure sì. E' arte, lo sanno, non sono primitivi, sono uomini di un possibile disastroso futuro.
Da tanto tempo non pensavano all'azione artistica come a qualcosa di possibile, troppo insensata nella contingenza degli avvenimenti. Eppure un giorno qualcuno si è messo a fare arte, travalicando la mera esigenza materiale.
Qualcosa di invisibile e potente viene sprigionato da questa decisione, da questa azione, tracciando una linea tra un prima e un dopo, aprendo nuovi orizzonti.
Mi è venuta in mente questa ipotetica storia pensando al famoso gesto di Marcel Duchamp, quando nel 1917 propose la sua opera "Fontaine" alla Society of Independent Artists che però non la espose. L'opera consisteva in un oggetto già pronto (ready-made), nello specifico un orinatoio.
Di fatto si trattò di una provocazione e "Fontaine" divenne l'opera di rottura per eccellenza del ventesimo secolo e oltre. In un mondo che si andava sempre più riempiendo di oggetti, l'oggetto stesso, industriale, viene "elevato" ad opera d'arte, nettamente in contrasto con la comune idea di arte come ricerca del bello.
E cosa lo eleva ad opera d'arte? Il gesto dell'artista, la sua decisione di proporre l'oggetto come tale, punto. Sposta un orinatoio da un bagno ad un museo, e diventa arte.
Il dibattito sul significato di un gesto del genere può essere infinito, ciò che qui interessa è il valore di rottura del gesto. Una rottura che è sempre apertura.
Immagina Duchamp nei primi decenni del Novecento che entra in una galleria d'arte con l'orinatoio sotto al braccio e che lo appoggia con decisione in mezzo alla sala espositiva, facendo girare tutti i presenti sbigottiti. E ora immagina una persona di un ipotetico futuro post-apocalittico, che si alza dalla polvere e inizia a creare un'opera d'arte, facendo alzare la testa ai presenti piegati nella loro sopravvivenza quotidiana.
In quel contesto l'oggetto industriale di duchampiana memoria non avrebbe nessun effetto di rottura, probabilmente verrebbe semplicemente utilizzato!
Si potrebbe giocare al gioco del "trova differenze e analogie" per ore. Ovvio, l'arte è figlia del suo tempo, ma ne può condizionare il ritmo.
La forza dell'azione artistica è qualcosa che non si può descrivere in modo esauriente ma è sicuramente riconoscibile il suo essere uno strumento di rottura, di demarcazione. Non avviene sempre ma per mano (e per mente!) di taluni individui che, intercettando un movimento sotterraneo, periodicamente fanno saltare il banco.
Fate il vostro gioco, ma le regole non esistono.
Miriam Fusconi
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